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XIX secolo, Veduta di Piazza San Marco a Venezia, seguace di Francesco Guardi
Dimensioni: cornice, cm L 121,5 x H 105 x P 5,5. Tela cm L 100 x H 81
L'opera, realizzata da un pittore veneziano attivo nella prima metà del XIX secolo, seguace di Francesco Guardi, raffigura Piazza San Marco a Venezia, con la Torre dell'Orologio sullo sfondo. La veduta si ispira alla produzione artistica del famoso pittore Francesco Guardi (Venezia, 1712 - 1793) basandosi su una prospettiva spesso riprodotta dal maestro. Guardi lo ha raffigurato in diversi suoi dipinti e sono note alcune versioni con questo particolare punto di vista. La tela in questione riprende una versione creata e firmata da Guardial tra il 1760 e il 1770, oggi conservata in una collezione privata.
Il punto focale della composizione è la Torre dell'Orologio rinascimentale, un'imponente struttura della piazza, raffigurata con dettagli intricati. La Torre è uno dei simboli architettonici di Venezia: si erge come un arco di trionfo sull'ingresso del cuore commerciale della città, l'antica Merceria. Con il suo grande orologio astronomico, capolavoro di tecnica e ingegneria, fa parte dell'immagine stessa di Venezia e ne ha segnato la vita, la storia e il continuo scorrere del tempo.
Fu costruita tra il 1496 e il 1499 e successivamente ampliata nel 1506 e nel 1757 per raggiungere la forma attuale. La torre fu costruita durante il governo di Agostino Barbarigo, che fu Doge di Venezia dal 1486 al 1501. Il suo stemma decora ancora l'esterno della campana e una statua del Doge inginocchiato era un tempo collocata alla destra del leone alato. Distrutta nel 1797, è ancora chiaramente visibile nel dipinto.
La piazza è animata da figure che, sebbene piccole, sono rese in uno stile sciolto che ne enfatizza il movimento. Le bancarelle con tettoie bianche fanno pensare a un mercato vivace. Gli edifici che circondano la piazza sono descritti con vari livelli di dettaglio, mostrando la tipica architettura veneziana dell'epoca. Sono visibili alti pennoni che contribuiscono all'atmosfera della scena. Il cielo azzurro è vivace con qualche nuvola.
Alla fine del XVII secolo iniziò il turismo europeo, che si sviluppò per tutto il XVIII secolo; nobili e ricchi borghesi visitarono l'Italia per acquistare oggetti d'arte e d'antiquariato o per approfondire le loro conoscenze sui libri. Le mete fondamentali del Grand Tour erano Venezia, per l'unicità dei suoi ambienti, Firenze, per l'arte rinascimentale, Roma, per l'arte, le chiese e le memorie classiche, Napoli, la più grande città italiana dell'epoca, e la Sicilia, per i templi greci e il clima mediterraneo. Questo diede vita a un nuovo mercato dell'arte: le persone volevano un ricordo di ciò che avevano visitato, un panorama, un monumento rappresentato in pittura. A Venezia nacque un'importante scuola di vedutisti, tra cui spiccano Canaletto, Bernardo Bellotto e Francesco Guardi.
Francesco Guardi, dopo essersi formato nella bottega del fratello Gianantonio, entrò nel 1735 nella bottega di Michele Marieschi, pittore di vedute e capricci, architetto e quadraturista, dove rimase fino alla morte di Marieschi nel 1743. Influenzato in egual misura dalla produzione artistica di Alessandro Magnasco e occasionalmente di Canaletto, Guardi si distanziò dagli altri maestri verso un'espressione più personale, proponendo un'interpretazione soggettiva ed evocativa della realtà. An He creò immagini di città evanescenti e irreali, raggiungendo a volte una sensibilità quasi pre-romantica, utilizzando il colore e la luce per costruire la forma, con ampio spazio per penombre malinconiche e vibranti. Pittore prolifico, morì nel 1783 nella sua casa veneziana.
Il dipinto, altamente decorativo, ben rappresenta la fortuna che ebbero le opere di Guardi, rimanendo richieste anche anni dopo la sua morte, con varie commissioni che richiedevano ai suoi seguaci di riprodurre i suoi soggetti. Oltre al suo valore artistico, c'è un significato storico: si tratta di una veduta che riflette usi, costumi e architettura che sono cambiati nel corso dei secoli, ma che sono ben documentati in questa tela.
L'opera è presentata in una cornice antica con doratura non contemporanea.
- Simile a:Francesco Guardi (Pittore)
- Dimensioni:Altezza: 105 cm (41,34 in)Larghezza: 122 cm (48,04 in)Profondità: 6 cm (2,37 in)
- Stile:Neoclassico (Nello stile di)
- Materiali e tecniche:
- Luogo di origine:
- Periodo:
- Data di produzione:xIX secolo
- Condizioni:Usura compatibile con l’età e l’utilizzo. L'opera è presentata in una cornice antica con doratura non contemporanea.
- Località del venditore:IT
- Numero di riferimento:1stDibs: LU4405243691122
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"Capriccio architettonico con la predicazione di San Paolo nell'Areopago di Atene"
Olio su tela, misure con cornice L 172 x H 127 x P 10,5 (solo tela cm L 135 x H 99)
Il grande e interessantissimo dipinto a olio su tela raffigura un capriccio architettonico con la predicazione di San Paolo nell'Areopago di Atene. L'opera è attribuibile al famoso pittore italiano Alberto Carlieri (Roma 1672-1720).
La composizione è caratteristica dell'espressione artistica di Carlieri. Il soggetto raffigurato, ovvero La predica di San Paolo, è ambientato tra potenti resti architettonici di fantasia, chiamati "Capriccio architettonico". Il capriccio architettonico, un genere artistico che si è fatto strada nella pittura italiana a partire dal XVII secolo, è caratterizzato dalla rappresentazione di architetture fantastiche o invenzioni di tipo prospettico, talvolta combinate con elementi tratti liberamente dalla realtà.
La tela in questione ha un notevole interesse artistico e una qualità pittorica significativa. La spettacolare architettura d'invenzione conferisce una solenne classicità al luogo, amplificata dai giochi di luce e ombra, che fungono da teatro e da cornice alla scena.
In primo piano, un colonnato parzialmente crollato emerge dall'ombra sulla destra, mentre sulla sinistra sono accatastate a terra parti di colonne tra cui un capitello di ordine corinzio. I personaggi sono al centro della tela, sullo sfondo.
Tutto intorno sono descritti i resti di edifici classici, caratterizzati da uno stile composito, colonne lisce, capitelli corinzi, trabeazione con metope e fregi dorici. A destra c'è un sepolcro e ancora oltre un grande vaso di marmo scolpito con bassorilievi. A chiudere l'ambiente architettonico c'è un possente edificio con arco e grande arco, bassorilievo con soldati romani, pilastri e colonne composite. Il verde ha raggiunto il suo massimo splendore, dando un aspetto pittoresco alla tela. Il paesaggio sfuma fino all'orizzonte, dove puoi vedere una baia, il mare e un promontorio descritto con toni blu. Il cielo limpido e azzurro è caratterizzato da nuvole soffici e grigie di colore rosa.
La scena descritta è il sermone di San Paolo nell'Areopago di Atene. San Paolo è chiaramente riconoscibile per alcuni elementi che appartengono alla sua iconografia tradizionale: raffigurato calvo, con una lunga barba e una forma allungata, indossa una tunica verde con un mantello rosso e impugna, qui con la mano sinistra, una spada con una punta a terra. La spada, simbolo di potere, ha una doppia interpretazione: allude sia alla decollazione, o al martirio di San Paolo, sia al potere della fede e della proclamazione della parola divina. Infatti, Paolo parlò ai gentili, i popoli di cultura greco-latina, considerati pagani dagli ebrei, della "spada dello Spirito, cioè la parola di Dio" (Ef. 6:17). La spada fa parte dell'armatura spirituale che Paolo dice di indossare per poter combattere efficacemente il male.
La scena è ispirata al momento in cui Paolo tiene un discorso ad Atene all'Areopago (in Atti 17:16-34). È uno dei momenti più drammatici e dettagliati della carriera missionaria di San Paolo.
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L'opera, dipinta con grande finezza anche nei dettagli e nelle piccole figurine, è sicuramente attribuibile all'importante pittore romano Alberto Carlieri (Roma, 1672 - 1720) perché si possono trovare motivi stilistici comuni alle sue opere. Elementi caratteristici sono le suggestive disposizioni compositive e la notevole maestria nella direzione delle luci, così come la ricchezza dell'architettura e i raffinati, quanto minuziosi, dettagli descrittivi. Peculiare dell'autore è anche l'atteggiamento vivace delle figure, risolte con disinvoltura nell'uso del colore e inserite armoniosamente nell'architettura.
Carlieri nacque a Roma nel 1672 e iniziò a studiare la pittura di architettura sotto la guida di Giuseppe de Marchis. An He divenne allievo e poi collaboratore di Andrea Pozzo. Presente nei più illustri dipinti romani...
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