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Biagio Pupini
Parnaso del XVI secolo Biagio Pupini detto Biagio delle Muse Lame Olio su pannello

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Informazioni sull’articolo

Questo dipinto (in ottimo stato di conservazione e di pregevole fattura esecutiva, testimonia l'enorme fortuna delle invenzioni di Raffaello negli anni successivi alla sua morte: infatti è chiaramente ispirato al famoso affresco del Parnaso realizzato per Giulio II in Vaticano. La prima cosa che salta all'occhio è il ruolo non secondario dato al paesaggio, che nel dipinto di Sanzio è descritto in modo dettagliato, ma è pur sempre uno sfondo alla scena principale: qui, come se si passasse da uno zoom a un grandangolo, il nostro pittore dilata le distanze tra gli astanti e si abbandona alla descrizione della quinta della natura, con una notevole sensibilità. Lo vediamo sia nei sottili cambiamenti tonali della riva da cui scende la cascata per dare una certa profondità alla rappresentazione, sia nella lavorazione speciosa e dettagliata con cui vengono restituite le fronde crepitanti, foglie frondose, a punta di pennello, con il pigmento più chiaro sulle punte per restituire anche i riflessi del lume. Nel Il gruppo centrale cambia la posa del dio delle arti e quasi tutti gli astanti vengono inventati sul secondo lentamente, il gruppo a destra presenta delle variazioni negli abiti ma, nel complesso, segue piuttosto fedelmente il Parnaso, mentre l'invenzione delle figure a sinistra è nuova per chiudere simmetricamente la composizione. L'autore della tavola sub judice declina il prototipo in chiave meno grandiosa e nobile, più leggera ed edulcorata rispetto alla grandiosità e alla maestosità che scadono dai protagonisti dell'affresco vaticano, addolcendo le movenze anche grazie alle proporzioni più sottili e a una certa semplificazione delle forme, che ritroviamo nelle anatomie, nelle fisionomie che ricorrono senza molte variazioni da personaggio a personaggio - anch'esse foriere di una precisa proposta attributiva - nel corso delle tele di forma geometrica. Proprio questi caratteri di gentile equilibrio formale, piacevolezza espositiva, dolce euritmia delle forme catturate con una certa naturalezza ci portano a collocare la nostra tavola nell'area bolognese, e nello specifico nell'arte di Biagio Pupini. Da Sanzio Biagio Pupini riprese l'idea della figura in piedi al centro e le altre disposte simmetricamente ai lati, in pose che rispondono a conferire armonia e coerenza alla rappresentazione. Già in quest'opera possiamo cogliere affinità con Parnassus. nei calzari delle pieghe un po' geometriche concluse dalla netta linea di contorno, nell'anatomia del Bambino con gli stacchi dei muscoli un po' semplificati, nel modo dettagliato in cui vengono ripristinati i capelli, come in quelli somatici (vedi quello di profilo). Risposte ancora più palmari in una Natività contemporanea della Pinacoteca Nazionale di Bologna nelle morbide pieghe in cui la luce fluisce dolcemente dalla forma allungata, ma soprattutto nei lineamenti, qui al limite della congruenza con quelli delle figurine della nostra tavola: vedi il naso greco con la punta arrotondata, la bocca piccola, il mento un po' sporgente e gli occhi a mandorla allungati, con l'iride a punta. Si nota anche, di nuovo, una notevole sensibilità nella restituzione della natura, soprattutto nel fogliame reso con pennellate intrise di materia. Fisionomie e anatomie ricorrenti in una tavola coeva vedi la cornicetta di Gesù e il profilo di Santa Caterina, con le mani un po' semplificate, i piedi con falangi ben delineate e una resa lenta dei riflessi del lume sui capelli. Sono personaggi di stile, immersi in un'atmosfera di aurea classicità, che lascerà il posto nelle opere successive a una maggiore astrazione formale, che si esprime in un disegno più netto, tele più rigide e geometriche, fisionomie stereotipate, un insistente confronto delle luci con ombre più profonde e un risalto statuario delle figure, come possiamo vedere nella Sant'Orsaia con i compagni della chiesa di San Giacomo che è anche una delle ultime opere conosciute di Biagio Pupini. In quell'anno l'artista fu eletto Massaro delle quattro arti a Bologna: non accadeva dal 1551 più il suo nome nei documenti, un'indicazione della sua scomparsa. Dai confronti qui proposti, quindi, questo Parnaso non solo è da attribuire a Biagio Pupini, detto Biagio dalle Lame, ma è da datare nella fase centrale della sua carriera, che è poi quella apicale, intorno al 1530 circa, dopo l'inizio della collaborazione con Girolamo da Carpi. I dipinti e le opere d'arte qui pubblicati sono di mia esclusiva proprietà e pertanto sono sempre disponibili per essere visionati, su appuntamento, nelle mie sedi espositive situate a Sanremo e a Brescia. Questo oggetto, come tutti i nostri oggetti, viene venduto accompagnato da un certificato fotografico FIMA di autenticità e lecita provenienza; questo documento identifica l'oggetto aggiungendo ulteriore valore all'articolo. Curiamo e organizziamo personalmente l'imballaggio e la spedizione dei nostri articoli con assicurazione in tutto il mondo. Riccardo Moneghini Storico dell'arte
  • Creatore:
    Biagio Pupini (1511 - 1551)
  • Dimensioni:
    Altezza: 58 cm (22,84 in)Larghezza: 73 cm (28,75 in)Profondità: 3 cm (1,19 in)
  • Tecnica:
  • Movimento e stile:
  • Periodo:
  • Condizioni:
  • Località della galleria:
    Sanremo, IT
  • Numero di riferimento:
    1stDibs: LU1510211034342

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