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Quellinus Allegoria Vanity Paint Olio su tela vecchio maestro 17° secolo fiammingo

1630-1670

Informazioni sull’articolo

Erasmus Quellinus II (Anversa 1607 - 1672) Vanitas (come allegoria della vanità della vita o della giovinezza) Dipinto a olio su tela - cm. 121 x 84, in cornice cm. 135 x 98 L'opera è accompagnata da uno studio approfondito scritto dal prof. Emilio Negro, di cui presentiamo alcuni estratti. Il tema del dipinto che ti proponiamo è una singolare e rara "Vanitas", un soggetto dal forte valore morale che, in ambito pittorico, rimanda a una composizione con elementi simbolici che alludono al tema della caducità della vita, e che quindi intende sollecitare lo spettatore alla meditazione sulla transitorietà del destino umano e sulla fragilità dei piaceri mondani. Questi soggetti, che ebbero particolare successo in ambito fiammingo, sono opere di grande fascino, interessanti da studiare e spesso difficili da decifrare; protagonista della nostra tela vediamo un amorino capriccioso, seduto su un sarcofago, una sorta di Carpe Diem (cogli l'attimo fuggente) pittorico antropomorfo, che invita a meditare sulla caducità della vita e a godere dei momenti di felicità che essa concede; Questo indipendentemente dalle alterne fortune del destino, simboleggiate dal piede del putto che calpesta le monete d'oro, il tessuto prezioso, lo scettro, la stola di ermellino, il teschio, il corno da caccia e i libri. Accanto a lui c'è una natura morta di fiori multicolori, raccolti in un vaso di cristallo, la cui presenza assume un chiaro significato allegorico, poiché costituiscono la metafora della caducità della bellezza giovanile che, come i fiori freschi, è destinata ad appassire. . Particolarmente degno di nota è il sepolcro di pietra su cui siede l'innamorata, su cui campeggia l'acronimo "DMS", da sciogliere nella frase latina "Diis Manibus Sacrum", cioè alle sacre divinità delle mani, corrispondente all'invocazione incisa sulle lapidi dell'ultimo paganesimo, rivolta agli spiriti degli antenati divinizzati. Un altro dettaglio molto interessante è il foglio bianco che emerge dalle pagine del voluminoso salterio chiuso, in cui è tracciata la frase latina in bella calligrafia seicentesca: "Defecerunt sicut fumus dies / mei Psal J.97" da tradurre: "i miei giorni quasi fumano sono svaniti" (Salterio, Salmo 1.97), equivalente a un'altra esortazione a riflettere sulla breve durata dell'esistenza. Per quanto riguarda l'origine pittorica della composizione in questione, va notato innanzitutto che si tratta di un'interessante replica, con alcune modifiche, di un'opera a quattro mani di Erasmus Quellinus the Younger (la figura del putto) e Daniel Seghers (la natura morta). Della stessa composizione è nota anche una versione intitolata 'Allegoria del passaggio della giovinezza', passata da Sotheby's ad Amsterdam come Cornelis Schut e Daniël Seghers (12.12.1991, Old master Paintings and Drawings, lotto 218, prezzo € 16.630, poi venduta a Londra come Thomas Willeboirts Bosschaert (Sotheby's 16.12.1999, lotto 59, prezzo di martello: € 126.592 / £ 80.000). E ancora la Vanità attribuita a Thomas Willeboirts Bosschaert e passata a Vienna da Dorotheum (17/10/2007, E stimata: € 18.000-24.000, link: Per quanto riguarda il dipinto in questione, possiamo paragonare la sua realizzazione a quella di un abile artista fiammingo del Grand Siècle, attento alla resa dei dettagli e fedele agli insegnamenti appresi grazie allo studio delle composizioni create dai migliori maestri del Seicento: nella nostra tela, infatti, spiccano chiari accenti posticci. -Caravaggeschi e post-rubiniani, tipici degli allievi di Wallerant Vaillant; caratteristiche stilistiche peculiari che si colgono negli efficaci contrasti di luce e nel fluido impasto pittorico e nei colori equilibrati. Queste ragioni permettono di collegare questa Vanitas al modus operandi del già citato Erasmus Quellinus the Younger (Anversa, 1607-1678), uno dei più stretti collaboratori di Rubens negli anni Trenta del XIX secolo, qui coadiuvato dall'intervento di un valido collaboratore formatosi all'interno della sua attiva bottega. Discendente da una rinomata famiglia di artisti (poiché suo padre era il pittore Erasmus Quellinus il Vecchio) Erasamus Quellinus II lavorò principalmente nelle Fiandre dove la sua attività è testimoniata dalle numerose composizioni simili alla nostra, a lui attribuite e conservate nelle più importanti collezioni pubbliche e private. Inoltre, era a capo di un affermato Atelier A in cui venivano formati numerosi studenti, tra cui i suoi figli e nipoti. È vero che nella tela in questione, credibilmente destinata ad adornare le pareti di una nobile residenza di un collezionista, scrittore o umanista, emerge una pittura accurata, soprattutto nella ricerca insistente dei dettagli, nei colori caldi, che sono qualità specifiche delle migliori opere eseguite. da Erasmo.
  • Attribuito a:
    Erasmus Quellinus II (Antwerp 1607 - 1672) (1607 - 1672, Fiammingo, Belga)
  • Anno di creazione:
    1630-1670
  • Dimensioni:
    Altezza: 135 cm (53,15 in)Larghezza: 98 cm (38,59 in)
  • Tecnica:
  • Movimento e stile:
  • Periodo:
  • Condizioni:
  • Località della galleria:
    Riva del Garda, IT
  • Numero di riferimento:
    1stDibs: LU988116315602

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