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Stefanie Schneider
Gasoline II, trittico - Stranger than Paradise - Edizione esaurita di 150, AP 4/5

1999

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Informazioni sull’articolo

Benzina II (Stranger than Paradise) 1999 - 3 pezzi, ognuno 50x50cm, installati 50x170cm compresi gli spazi vuoti. esaurito Edizione di 150, prova d'artista 4/5. Stampe C d'archivio, basate sulle 3 Polaroid. Etichetta del certificato e della firma. Inventario dell'artista n. 270. Non montato. Le opere di Stefanie Schneider sono una meditazione sul tempo: la sua erosione, la sua persistenza, la sua capacità di rompersi e ricomporsi nell'occhio della mente. Come sogni sbiaditi o incontri ricordati a metà, le sue immagini Polaroid esistono in uno spazio liminale in cui il passato e il presente si confondono l'uno con l'altro, mai del tutto interi, mai veramente persi. Il suo processo stesso è un atto di sfida al tempo. La pellicola Polaroid scaduta che utilizza porta con sé le cicatrici chimiche della sua storia, producendo mutazioni imprevedibili che trasformano ogni immagine in un artefatto di imperfezione. Queste distorsioni non sono semplici scelte estetiche, ma echi della memoria, reliquie di momenti che rifiutano di rimanere statici. In un'epoca di iper-carità e perfezione digitale, l'arte di Schneider ci invita ad abbracciare l'effimero, a trovare la bellezza nel decadimento e nel transitorio. Il West americano, un paesaggio ricco di miti e reinvenzioni, diventa lo sfondo perfetto per questa esplorazione dei paradossi del tempo. I suoi soggetti - figure vaganti in motel, parcheggi per roulotte e deserti infiniti - sono sospesi tra la nostalgia e un futuro incerto, proprio come la pellicola che li immortala. Esistono in un loop cinematografico, le loro storie si svolgono e si dissolvono, catturate dal bagliore di un sole al tramonto che non scompare mai del tutto. Ma c'è un cambiamento più profondo in gioco, che rispecchia la natura mutevole della vita artistica stessa. Prima del 2020, gli artisti vivevano di movimento, di esposizione, di dialogo costante tra luoghi e persone. Viaggiare era una necessità, un'ancora di salvezza per nuove influenze e ispirazioni. Tuttavia, sulla scia degli sconvolgimenti globali, si è affermata un'esistenza iper-isolazionista, in cui l'atto di creazione si svolge all'interno di un mondo circoscritto. Il santuario nel deserto di Schneider riflette questa nuova realtà: un universo alternativo nato dalla necessità, uno spazio in cui il tempo si allunga e si piega verso l'interno, facendo eco alle qualità oniriche del suo lavoro. Il mondo esterno si è allontanato, ma all'interno di questa solitudine è emersa un'altra forma di libertà: la capacità di costruire un mondo interamente proprio. La memoria, come le immagini di Schneider, è imperfetta. Si sposta, svanisce, si distorce. Eppure, in queste imperfezioni, emergono nuove narrazioni che sembrano più reali della realtà stessa. Questo è il potere del lavoro di Schneider: ricordarci che il tempo non è lineare ma stratificato, che il passato non è mai veramente passato e che ogni momento porta con sé il peso di tutto ciò che è venuto prima. Il suo lavoro non è solo la conservazione di un mezzo che sta scomparendo: è una meditazione sulla natura stessa del ricordo. In ogni silhouette sfocata e in ogni lavaggio chimico del colore, l'autrice cattura ciò che significa aggrapparsi al tempo anche quando ci scivola tra le dita, rivivere e reinterpretare, più e più volte, i ricordi che pensiamo ci definiscano. Le immagini di Schneider sono capsule temporali, non di momenti fissi, ma del modo in cui i momenti si sentono: una testimonianza di come il tempo deforma, cancella e infine rivela. Non si tratta di semplici fotografie, ma di frammenti di tempo che si dipanano come una pellicola catturata dal bagliore del proiettore e che sfarfalla perennemente tra memoria e sogno. Stefanie è stata il catalizzatore che mi ha spinto a salvare la pellicola Polaroid quando, qualche anno fa, stavo pensando di interrompere la produzione. In effetti, ha salvato quasi da sola un'industria e un mezzo cinematografico. Questo è il tipo di influenza che ha nel suo campo. La signora Schneider, che mi ha ispirato a fondare questa azienda THE IMPOSSIBLE PROJECT dopo aver visto il suo lavoro, che sembra ottenere il possibile dall'impossibile, creando la più raffinata arte con i mezzi e i materiali più elementari. In effetti, dopo quel giorno, rimasi così colpito dalla sua fotografia che capii che non si poteva permettere che la pellicola Polaroid scomparisse. Trovandomi nel preciso momento in cui il mondo stava per perdere la Polaroid, ho colto l'attimo e ho messo tutto il mio impegno e la mia passione nel salvare la pellicola Polaroid. Per questo ringrazio quasi esclusivamente Stefanie Schneider, che ha avuto un ruolo più importante di chiunque altro nel salvare questo simbolo americano della fotografia. Florian Kapps / Presidente fondatore di Impossible Inc. 8 marzo 2010 Stefanie Schneider ha conseguito un master in Communication Design presso la Folkwang Schule di Essen, in Germania. Le sue opere sono state esposte al Museum for Photography di Braunschweig, al Museum für Kommunikation di Berlino, all'Institut für Neue Medien di Francoforte, al Nassauischer Kunstverein di Wiesbaden, al Kunstverein di Bielefeld, al Museum für Moderne Kunst di Passau, a Les Rencontres d'Arles, alla Foto -Triennale di Esslingen, alla Bombay Beach Biennale 2018. COLLEZIONI DZ Bank, Francoforte, Germania / Dreyfuss, Basilea, Svizzera / Schmidt Bank, Regensburg, Germania / u2028Holtzbrinck Verlag, Stoccarda, Germania / Sammlung Sander, Berlino, Germania / ARTISTI per TICHY - TICHY for ARTISTS, TICHY Ocean Foundation, Zurigo, Svizzera / Germanisches Nationalmuseum, Nürnberg, Germania / Collezione Polaroid, USA / Collezione Luc LaRochelle, Montreal, Canada / Kunstsammlung Kanton Zug, Svizzera / Biennale di Bombay Beach, California / The Brooklyn Museum, NY / LACMA , Los Angeles / Sir Mark Fehrs Haukohl Collection, Texas, USA

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