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Alberto Carlieri, Capriccio con Cristo e l'adultera, Olio su tela

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Informazioni sull’articolo

Alberto Carlieri (Italia-Roma 1672-1720), "Cristo e l'adultera", Olio su tela, con cornice cm H 115 x L 151 x 6,5, solo tela H 98,5 x L 135 cm buone condizioni di conservazione Il grande e bellissimo dipinto, realizzato a olio su tela, rappresenta un capriccio architettonico con in primo piano un possente edificio con archi, di cui si vedono due arcate. Grandi colonne e pilastri in stile ionico e corinzio slanciano e alleggeriscono l'architettura, contraddistinta da una cornice a forma di fiore su cui poggiano alcune sculture in marmo. Sullo sfondo puoi vedere un colonnato strutturalmente più aggraziato, con balaustra e sculture, ornato da Greene & Greene smussati che conferiscono un aspetto pittoresco alla tela. Oltre agli archi del colonnato vediamo descritta in lontananza una grande città seicentesca con case turrite. Il paesaggio sfuma all'orizzonte verso un cielo azzurro segnato da soffici nuvole. L'architettura scenica è animata, in primo piano, da alcune figure. Si tratta di una scena della Bibbia: la Pericope dell'adultera (popolarmente conosciuta come l'episodio di Gesù e l'adultera), un brano del Vangelo secondo Giovanni (8:1-11) in cui una donna colta in adulterio viene portata davanti a Gesù dagli scribi e dai farisei per conoscere la sua opinione sulla condanna alla lapidazione. Gesù si chinò e con il dito iniziò a scrivere per terra. E poiché i farisei insistevano, egli alzò il capo e rispose: "Chi è senza peccato scagli per primo una pietra contro di lei". Poi si chinò di nuovo e continuò a scrivere per terra. Quando udirono queste parole, tutti, tranne la donna che aspettava, se ne andarono; Gesù si alzò e le chiese: "Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannato?". An He rispose: "Nessuno, Signore". Gesù le disse: "Neanche io ti condanno, va' e non peccare più". Il capriccio architettonico, un genere artistico che si è fatto strada nella pittura italiana a partire dal XVII secolo, è caratterizzato dalla rappresentazione di architetture fantastiche o invenzioni di tipo prospettico, talvolta combinate con elementi tratti liberamente dalla realtà. La grande tela in questione ha un notevole interesse artistico. L'architettura d'invenzione conferisce una solenne classicità al luogo; crea giochi di luci e ombre e fa da cornice alla scena. L'opera, dipinta con grande finezza anche nei dettagli e nelle piccole figurine, è certamente attribuibile al famoso pittore romano Alberto Carlieri (Roma, 1672 - 1720), l'autore più apprezzato e richiesto a Roma tra la morte di Giovanni Ghisolfi (Milano 1623-1683) e l'affermazione di Giovanni Paolo Panini (Piacenza 1691 - Roma 1765). Nell'opera oggetto di questo studio si possono trovare motivi stilistici comuni alle sue opere. Elementi caratteristici sono le suggestive disposizioni compositive e la notevole maestria nella direzione delle luci, così come la ricchezza dell'architettura e la raffinata quanto minuziosa descrittività dei dettagli. Peculiare dell'autore è anche l'atteggiamento vivace delle figure, risolto con disinvoltura nell'uso del colore e inserito armoniosamente nell'architettura. Carlieri nacque a Roma nel 1672 e iniziò a studiare la pittura di architettura sotto la guida di Giuseppe de Marchis. An He divenne allievo e poi collaboratore di Andrea Pozzo. Presente nei più illustri dipinti romani, provenienti dalle collezioni di Filippo II Colonna, Rospigliosi e del cardinale Valenti Gonzaga, Carlieri elabora modelli compositivi ben riconoscibili, influenzati, oltre che dalla pittura del maestro, anche da quella di Viviano e Nicolò Codazzi. La sua attività pittorica può essere rintracciata attraverso le opere firmate, attorno alle quali è stato possibile costruire un catalogo non piccolo di tele. Le notizie sul Carlieri e sulle sue opere firmate o datate sono comprese tra il 1690 e il 1720. Non si sa nulla della vita del pittore, che dovrebbe essere morto a Roma poco dopo il 1720. Tra le caratteristiche tipiche dello stile di Carlieri segnaliamo il modo in cui la prospettiva si sviluppa in lontananza: con colori chiari, toni freddi e toni pastello. Le ultime opere dell'artista hanno toni decisamente chiari e in questo modo si differenziano dai toni più scuri utilizzati in precedenza. L'autore ritrae più volte il soggetto qui descritto. Nella tela si trovano anche elementi architettonici e figurativi che spesso Carlieri introduce nelle sue opere. Lo stesso scenario della maestosa architettura del ristorante in molte delle sue opere. Lo stesso si può dire per la pavimentazione, giocata sull'effetto a scacchiera di una pavimentazione in marmo che, attraverso la prospettiva, contribuisce a dare grande tridimensionalità ed effetto scenico alla composizione complessiva. Dobbiamo anche sottolineare alcune figure che Carlieri ama introdurre nelle composizioni. Tra questi ci sono sicuramente i cani che giocano e corrono vivacemente, così come la figura di un uomo seduto, con una gamba piegata e l'altra semidistesa che si sostiene con un braccio a terra. Questo particolare, molto frequente e raffigurato anche in modo speculare, può quasi essere considerato una firma di Carlieri. Anche la coppia di uomini, generalmente calvi e grigi e con la barba lunga, che camminano e a volte indicano, è ricorrente nei quadri di questo pittore. Sulla base delle considerazioni critiche sopra esposte, la tela deve essere datata a una fase matura dell'attività di Carlieri, presumibilmente intorno al 1700. Ci scusiamo per eventuali errori di traduzione dall'italiano.
  • Attribuito a:
    Alberto Carlieri (Artista)
  • Dimensioni:
    Altezza: 115 cm (45,28 in)Larghezza: 151 cm (59,45 in)Profondità: 7 cm (2,76 in)
  • Stile:
    Barocco (Del periodo)
  • Materiali e tecniche:
  • Luogo di origine:
  • Periodo:
    Fine XVII secolo
  • Data di produzione:
    1690-1720
  • Condizioni:
    Rifinito. Il dipinto è stato restaurato con la pulizia della superficie, la rimozione della vernice ingiallita e la riverniciatura con vernice trasparente.
  • Località del venditore:
    IT
  • Numero di riferimento:
    1stDibs: LU4405221483312

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Alberto Carlieri, Pittura con Capriccio Architettonico
Di Alberto Carlieri
Alberto Carlieri (Roma 1672-1720) "Capriccio architettonico con la predicazione di San Paolo nell'Areopago di Atene" Olio su tela, misure con cornice L 172 x H 127 x P 10,5 (solo tela cm L 135 x H 99) Il grande e interessantissimo dipinto a olio su tela raffigura un capriccio architettonico con la predicazione di San Paolo nell'Areopago di Atene. L'opera è attribuibile al famoso pittore italiano Alberto Carlieri (Roma 1672-1720). La composizione è caratteristica dell'espressione artistica di Carlieri. Il soggetto raffigurato, ovvero La predica di San Paolo, è ambientato tra potenti resti architettonici di fantasia, chiamati "Capriccio architettonico". Il capriccio architettonico, un genere artistico che si è fatto strada nella pittura italiana a partire dal XVII secolo, è caratterizzato dalla rappresentazione di architetture fantastiche o invenzioni di tipo prospettico, talvolta combinate con elementi tratti liberamente dalla realtà. La tela in questione ha un notevole interesse artistico e una qualità pittorica significativa. La spettacolare architettura d'invenzione conferisce una solenne classicità al luogo, amplificata dai giochi di luce e ombra, che fungono da teatro e da cornice alla scena. In primo piano, un colonnato parzialmente crollato emerge dall'ombra sulla destra, mentre sulla sinistra sono accatastate a terra parti di colonne tra cui un capitello di ordine corinzio. I personaggi sono al centro della tela, sullo sfondo. Tutto intorno sono descritti i resti di edifici classici, caratterizzati da uno stile composito, colonne lisce, capitelli corinzi, trabeazione con metope e fregi dorici. A destra c'è un sepolcro e ancora oltre un grande vaso di marmo scolpito con bassorilievi. A chiudere l'ambiente architettonico c'è un possente edificio con arco e grande arco, bassorilievo con soldati romani, pilastri e colonne composite. Il verde ha raggiunto il suo massimo splendore, dando un aspetto pittoresco alla tela. Il paesaggio sfuma fino all'orizzonte, dove puoi vedere una baia, il mare e un promontorio descritto con toni blu. Il cielo limpido e azzurro è caratterizzato da nuvole soffici e grigie di colore rosa. La scena descritta è il sermone di San Paolo nell'Areopago di Atene. San Paolo è chiaramente riconoscibile per alcuni elementi che appartengono alla sua iconografia tradizionale: raffigurato calvo, con una lunga barba e una forma allungata, indossa una tunica verde con un mantello rosso e impugna, qui con la mano sinistra, una spada con una punta a terra. La spada, simbolo di potere, ha una doppia interpretazione: allude sia alla decollazione, o al martirio di San Paolo, sia al potere della fede e della proclamazione della parola divina. Infatti, Paolo parlò ai gentili, i popoli di cultura greco-latina, considerati pagani dagli ebrei, della "spada dello Spirito, cioè la parola di Dio" (Ef. 6:17). La spada fa parte dell'armatura spirituale che Paolo dice di indossare per poter combattere efficacemente il male. La scena è ispirata al momento in cui Paolo tiene un discorso ad Atene all'Areopago (in Atti 17:16-34). È uno dei momenti più drammatici e dettagliati della carriera missionaria di San Paolo. L'Apostolo aveva incontrato opposizione nella sua predicazione a Tessalonica e a Berea, nel nord della Grecia e, tra la fine del 49 e l'inizio del 50, si recò ad Atene per mettersi al sicuro. Afflitto nel vedere Atene piena di idoli, Paolo si reca all'Areopago, l'alto tribunale di Atene, per spiegare ciò che sostiene. "Areopago" significa letteralmente "Roccia di Ares"; era un luogo in cui sorgevano templi, strutture culturali ed era l'alta corte della città. Il discorso di Paolo si basa su cinque punti principali: l'ignoranza dell'adorazione pagana; l'oggetto dell'adorazione è l'unico Dio Creatore; la relazione di Dio con l'umanità; gli idoli d'oro, d'argento e di pietra come oggetti di falsa adorazione; e per concludere, è ora di porre fine all'ignoranza. Questo discorso è uno dei primi tentativi di spiegare la natura di Cristo ed è un primo passo nel percorso che porta allo sviluppo della cristologia. L'opera, dipinta con grande finezza anche nei dettagli e nelle piccole figurine, è sicuramente attribuibile all'importante pittore romano Alberto Carlieri (Roma, 1672 - 1720) perché si possono trovare motivi stilistici comuni alle sue opere. Elementi caratteristici sono le suggestive disposizioni compositive e la notevole maestria nella direzione delle luci, così come la ricchezza dell'architettura e i raffinati, quanto minuziosi, dettagli descrittivi. Peculiare dell'autore è anche l'atteggiamento vivace delle figure, risolte con disinvoltura nell'uso del colore e inserite armoniosamente nell'architettura. Carlieri nacque a Roma nel 1672 e iniziò a studiare la pittura di architettura sotto la guida di Giuseppe de Marchis. An He divenne allievo e poi collaboratore di Andrea Pozzo. Presente nei più illustri dipinti romani...
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