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Comò in legno neoclassico italiano del XVIII secolo attribuito a Francesco Bolgiè

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Comò neoclassico italiano del XVIII secolo in legno intagliato, laccato e dorato attribuito a Francesco Bolgiè (1752?-1834). Il raffinato ed elegante comodino è realizzato in legno finemente intagliato, laccato e dorato. Presenta diversi elementi stilistici e materiali caratteristici delle opere in legno e dei mobili presenti nell'area piemontese, tra la fine del XVIII secolo e l'inizio del XIX secolo. La ricchezza degli ornamenti, la foglia d'oro, il programma iconografico e il notevole livello di ebanisteria che caratterizzano questi mobili sono la testimonianza di una committenza facoltosa e del prezioso lavoro di uno scultore al servizio di famiglie nobili e reali. Stilisticamente può essere attribuito al famoso scultore italiano Francesco Bolgiè (1752-1834). La parte anteriore del mobile e i due lati sono caratterizzati da una complessa architettura decorativa. Due fasce perimetrali orizzontali mostrano motivi geometrici intagliati e palmette dorate su uno sfondo laccato blu. La cornice bassa, al centro e sul davanti, presenta un elemento a mezzaluna all'interno del quale è finemente scolpito un leone con due amorini e rami di alloro. Vicino agli angoli, in alto, sono scolpiti dei volti femminili, mentre in basso ci sono delle api. Il traforo delle bande verticali disegna delle corde che sostengono un grappolo d'uva con foglie di vite. Le pareti laterali sono laccate in giallo ocra e, al centro, una cornice con foglie d'acanto delinea uno spazio laccato nei toni del rosa antico violaceo, con al centro una foglia ornata con sottili girali. Ai quattro lati di questa cornice quattro grandi fiori dorati armonizzano l'insieme. Il fronte, simile nella composizione, ha uno sfondo giallo ocra, una cornice interna con palmette e quattro fiori. L'ampio spazio interno, laccato in rosa antico, mostra al centro una figura femminile con una composizione di grappoli d'uva e spighe di grano; dal volto si dipartono raffinati girali fitomorfi con racemi, grappoli d'uva e foglie di vite. La bocchetta della serratura originale, posta sul fronte del mobile e sulla parte superiore, è in bronzo dorato, cesellata con motivo a nastro. Il pannello frontale si apre verso il basso. L'interno del mobile, interamente laccato in rosso, presenta un ripiano e quindi due scomparti. Il colore rosso cinabro richiama volutamente la caratteristica lacca cinese, all'epoca molto amata per le decorazioni dei mobili in cineseria. Lo speciale sistema di chiusura a libro, che consente l'apertura e la chiusura della porta d'ingresso, è originale. Il mobile poggia su quattro gambe coniche in legno intagliate con foglie d'acanto e piccole ramificazioni, dorate e laccate. Il piano del mobile è in marmo grigio bardiglio valdieri, litotipo che ebbe grande successo in Piemonte, nel nord Italia, a partire dalla metà del XVIII secolo. Su di essa erano solitamente esposti bronzi, candelabri, orologi e sculture. I soggetti scolpiti fanno riferimento a un preciso programma iconografico. La testa femminile è identificabile in Cerere, Madre Terra, che nell'iconografia classica è raffigurata con la testa circondata da un serto di spighe di grano e un grappolo d'uva. Cerere o Demetra in greco, sorella di Zeus, nella mitologia greca è la dea della fertilità, custode dei raccolti, protettrice dell'agricoltura e del grano, costante nutrice della gioventù e della terra verde, artefice del ciclo delle stagioni, della vita e della morte, protettrice del matrimonio e delle leggi sacre. La rappresentazione di Cerere e il suo significato sono legati alle api, simbolo di virtù e castità, allegoria della Madre Terra, della rinascita, della misericordia e della giustizia. Così come le foglie della vite e i suoi frutti: in molte culture, da quella greco-romana a quella cristiana, la vite è simbolo di benessere, fecondità e benedizione; rappresenta una vita abbondante e la gioia che ne deriva; riflette il desiderio di fertilità e bellezza. È anche un segno di devozione ai frutti dello spirito e di protezione dal male. Pienezza, saggezza, giovinezza, maturazione e prosperità sono tutte immagini associate alla vite. Il sacrificio, la fede e la buona volontà sono le qualità necessarie affinché la vite porti frutto. La lunetta invertita mostra l'immagine iconografica di Amor Vincit Omnia. Si può osservare un leone cavalcato da un cupido, mentre un altro putto lo incontra tenendo la testa del feroce animale. Il leone, simbolo di regalità, saggezza, coraggio, forza e potere, viene domato dall'amore. Omnia vincit amor et nos cedamus amori (L'amore vince tutto, anche noi ci arrendiamo all'amore) è una frase latina di Publio Virgilio Marone (Bucoliche X, 69 - opera iniziata nel 42 a.C. e pubblicata intorno al 39 a.C.). Nella citazione di questo verso si fa largo uso del sintagma Amor Vincit Omnia, la forza ineluttabile dell'amore, che non si arrende a nessun ostacolo. L'iconografia dei versi di Virgilio che si trova qui è molto antica e ha avuto grande fortuna: ci sono esempi già coevi all'autore, anche se con piccole variazioni, in gemme intagliate, mosaici, affreschi. Il successo di questa immagine si è perpetuato nel corso dei secoli, comparendo in bronzi dorati, dipinti, bassorilievi e talvolta affiancata dall'allegoria della Terra, di Cibero e di Cerere. L'autore di questa commode e il suo committente dovevano avere un'incisione da cui hanno tratto questa immagine. Infatti, conosciamo diverse altre opere, tra cui bronzi, dipinti, ceramiche di Staffordshire e Wedgwood, che presentano lo stesso disegno, a testimonianza della presenza di una stampa così diffusa in un territorio europeo molto ampio. Intorno al leone e ai putti di questa cassettiera sono intagliati rami di alloro. L'alloro è una pianta sempreverde, una caratteristica che le conferisce il simbolo dell'immortalità e che, se utilizzata insieme ad altri simboli, come aggettivo iconico, assume il significato di eterno e imperituro. Il gruppo di questi soggetti che simbolicamente rimandano alla fertilità, al benessere e alla rinascita, alla prosperità e all'amore perenne, dominante su tutto, appartengono a un progetto iconografico colto e raffinato che ben si adatta a un regalo di nozze di buon auspicio. È quindi probabile che questo comò sia stato commissionato a un prestigioso ebanista come Francesco Bolgiè in occasione del matrimonio di una famiglia di alto rango o nobile, in grado di compensare l'artista incaricato di un'opera così preziosa. La personalità artistica di Francesco Bolgiè (1752-1834) è ai vertici della scultura lignea italiana torinese dell'ultimo quarto del XVIII secolo e dei primi decenni del XIX secolo e ha svolto un ruolo molto importante nella scultura lignea decorativa neoclassica. Artista di pari statura rispetto a Giuseppe Maria Bonzanigo, è tuttavia rimasto a lungo nell'ombra. Molte delle sue opere sono state attribuite a Bonzanigo sulla base di confronti stilistici, in assenza di precise ricerche d'archivio. Il corpus di documenti d'archivio rinvenuti negli ultimi anni ha permesso di delineare la figura di questo importante scultore intagliatore, ricostruendo la sua vita e consentendo di restituire al suo catalogo diverse opere, molte delle quali sono ancora conservate a Torino nel Palazzo Reale e nella Palazzina di Caccia di Stupinigi, altre in famose collezioni private. Francesco Bolgiè nacque in Italia a Torino nel 1752. Era figlio dell'intagliatore Giovan Battista, un milanese che divenne artista del re nel 1756, che morì nel 1778 e che lavorò per i Savoia nella decorazione di carrozze. Giovanni Battista inviò Francesco Bolgiè a Parigi per perfezionare l'arte dell'intaglio e Carlo Emanuele III si interessò subito ai successi ottenuti nella capitale francese. Nel 1775 lo conosciamo come membro della Compagnia di San Luca e nello stesso anno Vittorio Amedeo III lo nomina scultore ligneo reale. Aveva lavorato per le residenze di Venaria, Stupinigi, Villa della Regina e per il Carignano. Bolgiè operò anche per alcuni privati e morì a Torino, all'età di 82 anni, il 6 gennaio 1834. L'oggetto di questo studio è elegantemente intagliato secondo i canoni dell'alta ebanisteria italiana e presenta un'evidente vicinanza stilistica con i cassetti di Francesco Bolgiè. La struttura architettonica del mobile nel suo complesso e, ancor più, alcuni dettagli, come i sottili girali, le foglie d'acanto, la testa femminile e i rilievi neoclassici che rimandano all'antica arte greca e romana, l'arco caratteristico di Luigi XVI, sono tipici delle opere di Bolgiè. È stato recentemente attribuito a Bolgiè un cassettone (casa d'aste Sotheby's, Londra 03-07-2019) che mostra, nella decorazione del fronte, una maschera femminile circondata da ghirlande di fiori e frutta, molto simile alla Cerere scolpita nella commode qui studiata. La cassettiera di Londra è anche abbinata a un'altra, presente nella collezione di Villa Ephrussi de Rothschild, a Saint-Jean-Cap-Ferrat. Oggetto accompagnato da un "Certificato di autenticità". Ci scusiamo per eventuali errori di traduzione dalla lingua italiana.
  • Attribuito a:
    Francesco Bolgié (Ebanista)
  • Dimensioni:
    Altezza: 82 cm (32,29 in)Larghezza: 134 cm (52,76 in)Profondità: 59 cm (23,23 in)
  • Stile:
    Neoclassico (Del periodo)
  • Materiali e tecniche:
  • Luogo di origine:
  • Periodo:
  • Data di produzione:
    Fine del XVIII secolo
  • Condizioni:
  • Località del venditore:
    IT
  • Numero di riferimento:
    1stDibs: LU4405230391602

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