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Double TAP , Acrilico su tela 110x60 cm Se è vero che la pittura è il primo mezzo di produzione di immagini e veicolo di messaggi per la comunità, è innegabile che l'avvento dei media digitali prima, e dei social network poi, ha cambiato la comunicazione visiva, aumentando i ritmi di produzione. . Questo ha comportato un cambiamento nell'esperienza dell'utente: oggi assistiamo a un'inflazione visiva che provoca, da un lato, la nausea dovuta all'accumulo di informazioni e, dall'altro, un impoverimento linguistico, cui segue la degenerazione del mondo stesso. . Nel contesto di questa visione corrotta, il ruolo del pittore viene messo in discussione poiché il suo linguaggio diventa sempre più limitato. Per Piscopo, questo si traduce nell'assoggettamento degli schermi, quindi nell'utilizzo di immagini preconfezionate che appiattiscono il genio, nell'evidenza di un quadro a bassa definizione e nell'eliminazione di porzioni di immagini. È quindi possibile vedere in mostra opere in cui si delineano tormenti e sensazioni nauseabonde, grazie all'alternanza di dipinti con una pennellata puntinista fortemente emotiva, e opere altamente levigate realizzate con l'aerografo. Le opere spaziano da soggetti famosi della storia dell'arte a elementi, iconici o meno, che appartengono alla vita quotidiana digitale. Le figure umane, rappresentate su tele in formato 16:9 - allusioni alle dimensioni di una Instagram Story - sono tutte rappresentate con occhi e bocche di dimensioni sproporzionate. L'artista fa quindi riferimento a un famoso filtro presente sui social network, per enfatizzare l'attenzione sui sensi vista-gusto dell'utente che divora le immagini, con la bocca e non più con gli occhi. Il verticalismo del dipinto si riferisce alla velocità e all'evanescenza delle immagini che scorrono verticalmente, come lo scroll che si esercita sui dispositivi digitali: ogni immagine cancella la precedente e non ne rimane nessuna. Tutto scorre, come in una versione degenerata di Eraclito, per cui "non ci si bagna mai nello stesso fiume". Ecco quindi raffigurati dei bambini dipendenti dal loro smartphone. I loro piedi sono immersi in un fiume che straripa dal rettangolo visivo e le cui pennellate spezzano la verticalità del resto della composizione. La confusione tra i due diversi flussi, che i bambini percepiscono, contribuisce al disorientamento della visione. I dispositivi, i numerosi occhi dipinti con l'aerografo, generano la sensazione di sentirsi osservati e suggeriscono la separazione tra l'essere e l'apparire. L'occhio diventa un dispositivo nella sua duplice accezione di macchina preposta alla visione umana e di occhio imponente della società, un riferimento orwelliano, come nel caso del Device centrale, una scultura dipinta all'interno della quale si specchia il pavimento in maiolica dello spazio espositivo. Anche in questo caso Piscopo non si discosta dai riferimenti artistici in senso stretto, dipingendo occhi presi in prestito dalla storia dell'arte, da personaggi del mondo dello spettacolo, a figure della sua vita privata. Il cortocircuito, che si crea di fronte a due tecniche pittoriche che rimandano quasi a due artisti diversi, sottolinea la distanza tra l'immagine e lo spettatore: ciò che viene guardato risulta essere una realtà nauseante e psichedelica, mentre lo spettatore è lucido e reale. Sia il vedente che il visto, tuttavia, sono feriti: i morsi che annientano i limiti dimensionali del "quadro come finestra sul mondo" puntano una luce sull'idea del consumismo visivo; del consumatore che mangia l'immagine senza assimilarla correttamente e che divora se stesso, svuotandosi. La produzione artistica di Nicola Vincenzo Piscopo rivela quindi un'allucinazione autodistruttiva dell'approccio contemporaneo all'esperienza del vedere. Gli inviti a riflettere sono molti, tra cui il ruolo del pittore oggi, la crescente desacralizzazione dell'arte che si piega a scopi pubblicitari e consumistici, lo svuotamento di significato che l'uso odierno dell'immagine comporta e l'inversione del rapporto vittima-carnefice - in cui la società è oppressa da una dilagante bulimia dovuta alla condotta individuale. Tuttavia, rimane uno sguardo positivo e contraddittorio: la cruda narrazione angoscia e lascia perplessi, ma il racconto del fenomeno, nella sua bellezza, si propone come un collirio per una vista eccessivamente arrossata e corrotta.

Creatore:
Nicola Vincenzo Piscopo (1990, Italiano)
Anno di creazione:
2021
Dimensioni:
Altezza: 110 cm (43,31 in)Larghezza: 60 cm (23,63 in)Profondità: 3 cm (1,19 in)
Tecnica:
Acrilico
Movimento e stile:
Contemporaneo
Periodo:
2010-
Condizioni:
Località della galleria:
Napoli, IT
Numero di riferimento:
1stDibs: LU1731211984022

5.287 USD

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