Anni 1730 Ceramiche
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Periodo: Anni 1730
Antica caffettiera italiana, manifattura Coppellotti, Lodi, circa 1740
Di Antonio Maria Coppellotti
Caffettiera
Antonio Maria Coppellotti Fabbricazione
Lodi, 1740 circa
Maiolica policroma a gran fuoco
Misura: 7.87 in x 6,49 x 5.11 (20 cm x 16,5 x 13); peso 1.23 lb (561 g)
St...
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Italiano Rococò Di antiquariato/d’epoca Anni 1730 Ceramiche
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Maiolica Pitcher Antonio Maria Coppellotti Manufacture, Lodi, Circa 1735
Di Antonio Maria Coppellotti
Maiolica pitcher
Antonio Maria Coppellotti Manufacture
Lodi, circa 1735
Maiolica decorated in cobalt blue monochrome
It measures 7.36 in hight x 8.07 x 4.52 (h 18,7 cm x 20,5 x 11,5...
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Brocca in ceramica di Albisola, dipinta a mano, Manifattura ALBA DOCILIA, Italia, inizio XX secolo
Brocca in ceramica di Albisola,
dipinto a mano.
Produzione ALBA DOCILIA.
Italia, primi anni del XX secolo
Origine
Italia
Periodo
Primo Novecento
Marchio
ALBA DOCILIA
Nel 1919 l'albese Adolfo Rossello, in società con un gruppo di finanziatori, l'ing. Guglielmo Camogli, l'onorevole Michelino Poggi, l'avvocato Costantino Barile e Andrea Seitun, torna nella sua città natale e apre una fabbrica artigianale di ceramica chiamata 'Alba Docilia', l'antico nome romano di Albisola. Nel 1922 l'"Alba Docilia", diretta all'epoca dal pittore romano Mario Gambetta, vinse una medaglia all'Esposizione di Diano Marina e dal 1923 partecipò regolarmente alla Fiera di Milano. Nel 1923 la fabbrica fu trasformata in una società cooperativa e l'anno successivo Adolfo Rossello e i suoi figli Angela Teresa, Vittorina, Francesco Adolfo e Pietro ne divennero gli unici proprietari. Nel 1925 la fabbrica partecipò alla seconda Biennale di Monza. Nel 1928 l'azienda è presente alla Mostra dell'Artigianato di Savona e partecipa alla Mostra di Prodotti Artigianali della Settimana Albisolese del 1933 e '34. Sempre nel 1934, la produzione della manifattura fu presentata alle mostre di Tripoli, Lipsia e Vienna. Nel 1938 è presente alla Mostra della Ceramica Ligure di Roma e alla Fiera dell'Artigianato di Firenze, a cui partecipa anche nel 1956 e nel 1958. Tra i ceramisti che collaborarono con l'azienda tra il primo e il secondo dopoguerra, compaiono tra gli altri: Virio da Savona, Guglielmo Bozzano, Romeo Bevilacqua, Cerruti, Carlo Frumento, Benedetto Gaggero, Da A Milani, Amleto Modolo e Ivos Pacetti...
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Il centro ...
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Questo raro vassoio ha una forma ovale con un bordo polilobato e mistilineo, caratterizzato da quattro introflessioni ai punti cardinali e un bordo rialzato.
La morfologia, derivata da modelli comuni di argenteria, è presente sia nella produzione di Lodi che in quella di Torino.
L'ornamento, eseguito in blu cobalto su uno smalto spesso e lucido, mostra alcuni fiori recisi, dipinti in stile naturalistico, sparsi tra il bordo e il pozzo e accompagnati da insetti realistici, tra cui un bruco. Il bordo è decorato con un minuto motivo di ispirazione orientale con tralicci che incorniciano l'insolita composizione.
Questa decorazione, nota come deutsche Blumen, o fiori tedeschi, spesso chiamata "fiori olandesi" nelle fabbriche, fu ideata dal capo decoratore della fabbrica di Meissen e, come le decorazioni "fiori orientali" o "indiani", si diffuse in Europa. In Italia, in particolare, la versione di questo stile, la cui decorazione comprendeva anche piccoli insetti, è associata alle manifatture veneziane, anche se sono noti servizi e opere prodotti a Lodi, Milano e Torino. Queste opere, tuttavia, erano spesso policrome e facevano sempre chiaro riferimento ai repertori iconografici forniti dalle incisioni della tipografia Remondini. Tra queste incisioni troviamo anche tavole botaniche riguardanti gli insetti.
Il nostro vassoio è attribuibile alla manifattura Rossetti, con la consueta difficoltà di definire l'area di produzione tra i produttori di Lodi o Torino. Un esemplare paragonabile, particolarmente pertinente per la forma e le dimensioni, si trova in una collezione privata.
La presenza di tavole botaniche relative sia a fiori che a insetti in tutte le manifatture contemporanee dell'Italia settentrionale, infatti, non facilita l'attribuzione a una manifattura particolare.
A Lodi le decorazioni floreali "naturalistiche" sono rappresentate in alcuni piatti della manifattura di Antonio Ferretti con raffigurazioni di pesci insieme a fiori recisi semplici o associati.
Le manifatture torinesi, a loro volta, in linea con questo gusto decorativo, produssero poche e rare opere con fiori, anche policromi e naturalistici.
D'altra parte, Giorgio Giacinto Rossetti lavorò e produsse opere in blu cobalto, in entrambe le città. Questa variante, in monocromia blu, si avvicina ai prodotti della manifattura veneziana di Antonibon, con cui spesso si misurava la qualità delle manifatture lombarde e piemontesi. La morfologia di questo vassoio, però, è così vicina al gusto francese che ci riporta al periodo di produzione "Rossettiana", cioè al periodo compreso tra gli anni '30 e '60 del XVIII secolo. Probabilmente è stato prodotto per un cliente particolarmente raffinato.
Le fabbriche di maiolica e porcellana del XVIII secolo appartenevano principalmente alle grandi famiglie reali o alle famiglie nobili che facevano della produzione di opere in ceramica un motivo di prestigio. (Secondo me possiamo anche togliere questa frase. Il testo scorre anche senza).
All'alba del XVIII secolo, la moda della maiolica aveva preso piede in tutta Europa. Anche i principi Savoia, dopo un'iniziale ed entusiastica importazione di maioliche francesi da Rouen e Nevers, dove le fabbriche erano numerose e particolarmente attive, rivolsero la loro attenzione alle prime produzioni italiane "alla Berain" delle manifatture di Lodi. Alla fine iniziarono a promuovere la fabbrica di Torino concedendo i diritti di brevetto alla famiglia Rossetti nel 1725.
Giovanni Battista Rossetti, il capostipite, aveva la sua attività di ceramiche a Lodi e, intorno al 1728, anche il nipote più noto Giorgio Giacinto era già proprietario di un'altra fabbrica a Lodi.
Tuttavia, nel 1725, con l'avallo di Giovanni Battista, ormai anziano, Giorgio Giacinto ricevette una licenza di produzione a Torino. In realtà, l'esistenza di opere firmate e datate a suo nome tra il 1729 e il 1736 con chiaro riferimento alla città di Lodi, e la mancanza, appunto, di documenti che attestino l'attività torinese in quel periodo, suggeriscono che il Rossetti appartenesse ancora a manifatture lombarde. La manifattura sabauda era stata infatti rilevata, nel 1728, dal banchiere Pietro Bistorto, e si ritiene che l'attività fosse comunque guidata dalla famiglia Rossetti. Il ritorno a Torino di Giorgio Giacinto è attestato solo dopo il 1733 e nel 1737 la manifattura, dotata di nuovi impianti, riprese la produzione. Si arricchì anche di un brevetto reale per la produzione di porcellana con la collaborazione dell'arcanista tedesco Jakob Helchis.
Bibliografia:
V. Viale, Mostra del barocco Piemontese...
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