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Dipinto olio su tela del XVIII secolo con Battaglia di Antonio Calza

Informazioni sull’articolo

Antonio Calza (Italia, Verona, 1653-18 aprile 1725) "Battaglia tra cavalleria cristiana e turca con castello" Il dipinto raffigura una sanguinosa battaglia tra la cavalleria cristiana e quella turca. Caratterizzata da dinamismo, intensità di colore e luce, la scena principale occupa la sezione orizzontale inferiore della tela, otticamente interrotta dai fumi neri degli spari da cui emergono, sulla sinistra, le torri di una fortezza. A destra, in lontananza si può vedere il combattimento in corso nella campagna, oltre il quale si nota la pallida presenza di colline che creano una quinta, segnando l'orizzonte. Per inquadrare la scena contribuisce a sinistra, in controluce e in primo piano, una porzione di muro. Il pittore, tuttavia, introduce un cavallo a terra, di cui vediamo solo la schiena, un espediente per coinvolgere l'osservatore facendolo diventare attivo e partecipe della scena. In primo piano, corpi senza vita, cavalli feriti e, sparse a terra, armi e un tamburo esaltano la drammaticità dello scontro. La concitazione e la forza espressiva, l'intensa gamma cromatica attenta alle condizioni della luce e la fine pennellata, decisa e drammatica, suggeriscono l'attribuzione ad Antonio Calza, uno dei più importanti pittori di battaglie del XVII secolo, eccellente allievo e continuatore del più grande interprete del genere, Jacques Courtois detto il Borgognone (Saint-Hyppolite 1621 - Roma 1676). Il Borgognone, pur non avendo avuto una vera e propria scuola o allievi diretti, si pone come punto di riferimento primario da parte dei "battaglisti" italiani e stranieri. Il genere della pittura di battaglia trovò grande successo nelle collezioni della nobiltà italiana ed europea del XVII e XVIII secolo. Le battaglie del Rinascimento italiano, in cui la scena convergeva verso un preciso protagonista, si evolvono verso un tipo di combattimento "senza eroe". Il cruento realismo dei dettagli e lo sviluppo dinamico della narrazione confondono la figura del protagonista, quando presente, per dare importanza al turbinio di cavalli e combattenti armati, tra i quali, peraltro, non emerge un vincitore. I documenti certi relativi alla vita e agli spostamenti di Antonio Calza sono scarsi; altrettanto difficile è stato ricostruire, a partire dalla critica, un catalogo delle opere autografe. Attraverso i dipinti presenti nelle collezioni private, nei musei e i quadri passati sul mercato dell'antiquariato è stato possibile identificare un copioso corpus di opere riconducibili alla sua mano. Il lavoro degli storici dell'arte, insieme a quello degli antiquari, nel conferire le giuste attribuzioni per delineare al meglio la figura di Calza, continua ma gli studi sono ancora in corso. In questo senso, va sicuramente segnalato il lavoro di Giancarlo Sestieri, che ha indagato la produzione artistica dei battaglisti e di Calza, permettendo così di confrontare le numerose opere fotografiche riportate, per individuare e riconoscere le qualità stilistiche che contraddistinguono il corpus pittorico a lui oggi assegnato. Antonio Calza nacque nel 1653 in Italia, a Verona, e nel 1664 entrò nella scuola di Carlo Cignani a Bologna, dedicandosi alla pittura di battaglie e paesaggi. Si perfezionò poi a Roma, dove conobbe le opere dell'allora capo indiscusso del settore, Jacques Courtois detto il Borgognone. Nel 1675 tornò a Verona e sposò una vedova di 88 anni che, morendo, gli lasciò una ricca eredità. Molto apprezzato dalla nobiltà e dalla borghesia, ricevette numerose commissioni. Bartolomeo Dal Pozzo (Le Vite de' pittori, de gli scultori et architetti veronesi, 1718) elogia "tre grandi quadri di battaglie e paesi" in casa Allegri e, presso "Rizzardi sul Corso", quattro grandi paesaggi, tutti scomparsi. Dopo un omicidio involontario, Calza si rifugiò a Bologna, dove intraprese una carriera lusinghiera. Tra le opere che gli diedero maggiore fama ci sono alcuni ritratti perduti. Qui si risposò, ma presto rimase nuovamente vedovo. Nel 1706 è a Venezia, dove nel 1708 sposa la sua terza moglie, Angiola Agnese Pakman, una pittrice fiamminga di fiori, frutta e animali, che diventa sua collaboratrice. Dopo il 1710 appare a Milano, dove dipinge, assistito da due studenti, per il generale austriaco Martini, "un quadro di immensa grandezza", raffigurante la Battaglia di Torino. Chiamato nel 1714 dal principe Eugenio di Savoia a Vienna, dipinse per lui una Cattura di Belgrado, "un ritratto di quel principe a cavallo con una battaglia sullo sfondo" (Dal Pozzo), e un altro ancora, sempre equestre, dell'imperatore con una scena di caccia. Anche di queste opere non c'è traccia. Muore a Verona, dove può tornare dopo l'assoluzione delle sue colpe, il 18 aprile 1725. Grazie al continuo aumento del suo catalogo, questo maestro ha riconquistato una posizione di prestigio nel panorama pittorico del genere della battaglia. Calza, pur assimilando la lezione di Borgognone, sviluppa subito uno stile personale, basato principalmente sul suo inconfondibile cromatismo vivace e luminoso, caratterizzato da squilli rossi e blu, e su una disinvolta libertà figurativa. La sua stesura dei materiali è rapida e immediata, spesso con una successiva rifinitura. L'opera in esame presenta le caratteristiche stilistiche peculiari della pittura di Calza. La tela trova anche diversi possibili confronti con opere appartenenti al suo corpus, in cui è possibile individuare figure e dettagli ricorrenti presenti anche nella tela in questione. Tra queste indubbiamente significative sono le frequenti torri che contribuiscono a impostare la composizione e che, insieme alle nuvole e ai fumi neri, creano una sorta di quinta, una presenza scenica, intorno allo spazio del conflitto. Allo stesso modo, l'esame caduto che il pittore ritrae nei suoi confronti in primo piano è paragonabile al soggetto presente nella tela in questione. I corpi sono posizionati in avanti, le braccia disarmate lasciano cadere le armi e un turbante rotola accanto al corpo. Un dettaglio è spesso presente in Calza: un tamburo, posto in primo piano, rovesciato e abbandonato. Il gran numero di opere in cui questo viene descritto come una firma del pittore e l'ambiente stilistico già analizzato convincono ad attribuire l'opera ad Antonio Calza. Ci scusiamo per eventuali errori di traduzione dall'italiano. Contattaci per conoscere la nostra esperienza in italiano
  • Attribuito a:
    Antonio Calza (Pittore)
  • Dimensioni:
    Altezza: 95 cm (37,41 in)Larghezza: 129 cm (50,79 in)Profondità: 7 cm (2,76 in)
  • Stile:
    Barocco (Del periodo)
  • Materiali e tecniche:
  • Luogo di origine:
  • Periodo:
    Fine XVII secolo
  • Data di produzione:
    1680-1725
  • Condizioni:
  • Località del venditore:
    IT
  • Numero di riferimento:
    1stDibs: LU4405222338512

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