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Carlo Scarpa & Marcel Breuer Tavolo "Delfi" in marmo Naxos per Studio Simon, 1969

Informazioni sull’articolo

Tavolo da pranzo "Delfi", progettato da Carlo Scarpa e Marcel Breuer e prodotto dall'azienda italiana Studio Simon nel 1969. Realizzato in marmo bianco di Naxos. Progettato nel 1969, il tavolo in marmo era originariamente composto da tre pezzi (i due piedi e il piano del tavolo). Delfi è una rielaborazione dell'originale di Marcel Breuer del 1930, a cui Carlo Scarpa lavorò insieme a Marcel Breuer per modificarlo per la produzione industriale di Simon. Nel 1968, quando Dino Gavina, che aveva ricevuto in dono il tavolo originale da Marcel Breuer, vide l'interesse di Carlo Scarpa per il tavolo, suggerì di provare ad apportare alcune modifiche. Carlo Scarpa apportò solo minime modifiche, intervenendo solo sui fori di apertura al centro dei suoi enormi piedi monolitici, conferendo all'insieme un fascino più razionalista e aggiungendo una presenza altamente poetica. Nato a Venezia il 2 giugno 1906, Carlo Scarpa iniziò a lavorare molto presto. Solo un anno dopo aver conseguito la qualifica di architetto, nel 1926, iniziò a lavorare per i vetrai di Murano Cappellin & Co. in qualità di consulente; a partire dal 1927 iniziò a sperimentare con il vetro di Murano e questa ricerca non solo gli diede ottimi risultati, ma influenzò anche il suo progresso per molti anni a venire. Tra il 1935 e il 1937, all'età di trent'anni, Carlo Scarpa accettò il suo primo incarico importante, la ristrutturazione di Cà Foscari a Venezia. An. Hall adattò gli spazi di questo maestoso edificio universitario che sorge sulle rive del Canal Grande, creando stanze per gli uffici del Rettore e una nuova sala per le cerimonie accademiche; Mario Sironi e De Mario furono incaricati del restauro degli affreschi. Dopo il 1945, Carlo Scarpa si trovò costantemente impegnato in nuove commissioni, tra cui vari arredi e progetti per la ristrutturazione dell'Hotel Bauer di Venezia e la progettazione di un edificio alto a Padova e di un'area residenziale a Feltre, tutti degni di nota. Una delle sue opere chiave, nonostante le proporzioni relativamente modeste e ridotte, fu la prima di molte opere che sarebbero seguite negli anni Cinquanta: la libreria nota come Padiglione del Libro, che si trova nei Giardini di Castello di Venezia e che mostra chiaramente la passione di Scarpa per le opere di Frank Lloyd Wright. Negli anni successivi, dopo l'incontro con l'architetto americano, Scarpa ripeté esperimenti simili in altre occasioni, come si può vedere, in particolare, negli schizzi elaborati nel 1953 per villa Zoppas a Conegliano, che mostrano alcuni dei suoi lavori più promettenti. Purtroppo, però, questo lavoro non si è mai concretizzato. In seguito Carlo Scarpa creò tre allestimenti museali che si rivelarono fondamentali per l'impostazione dei musei del XX secolo da allora in poi. Tra il 1955 e il 1957 completò i lavori di ampliamento della Gipsoteca Canoviana di Treviso [il museo che ospita le sculture di Canova] a Possagno, adottando un approccio sperimentale simile a quello utilizzato per il Padiglione Venezuelano ai Giardini di Castello che stava costruendo nello stesso periodo (1954-56). A Possagno Carlo Scarpa realizzerà una delle sue opere più grandi in assoluto, che inevitabilmente sarà messa a confronto con altri due allestimenti museali a cui lavorò nello stesso periodo, quelli della Galleria Nazionale di Sicilia, ospitata nel Palazzo Abatellis di Palermo (1953-55) e di Castelvecchio a Verona (1957- 1974), tutti molto apprezzati e che contribuirono ad accrescere la sua fama. A questo lungo elenco di opere chiave iniziate e, in alcuni casi, addirittura completate negli anni Cinquanta, si possono aggiungere altri due edifici, splendidamente organizzati dal punto di vista spaziale. Dopo aver vinto il premio Olivetti per l'architettura nel 1956, Scarpa iniziò a lavorare in Piazza San Marco a Venezia su un'area destinata a ospitare i prodotti dell'Industrial Production di Ivrea. Nello stesso periodo (1959-1963), lavorò anche alla ristrutturazione e al restauro dei giardini e del piano terra della Fondazione Querini Stampalia a Venezia, che molti considerano una delle sue opere più grandi. Mentre lavorava alla Fondazione Querini Stampalia, Carlo Scarpa iniziò a costruire una villa a Udine per la famiglia Veritti. Per far luce sull'evoluzione del suo lavoro nel corso degli anni, può essere utile confrontare quest'opera con quella del suo ultimo edificio, villa Ottolenghi Bardolino, che era quasi completata al momento della sua morte improvvisa nel 1978. Una volta completata villa Veritti, nei dieci anni successivi, senza mai abbandonare il suo lavoro di ristrutturazione e allestimento, Carlo Scarpa accettò alcuni incarichi molto impegnativi che dovevano mettere a frutto le sue capacità formali, lavorando al Teatro Carlo Felice di Genova e a un altro teatro a Vicenza. Verso la fine di questo decennio, nel 1969, Rina Brion commissionò a Carlo Scarpa la costruzione del Mausoleo Brion a San Vito d'Altivole (Treviso), opera a cui continuò a lavorare fino al momento della sua morte. Tuttavia, anche se era totalmente assorbito dal lavoro su questo mausoleo, ci sono molti altri episodi che possono offrire una visione degli ultimi anni della sua carriera. Mentre i lavori per il Mausoleo di San Vito d'Altivole cominciano a diminuire dal 1973, Carlo Scarpa inizia a costruire la nuova sede della Banca Popolare di Verona. Ha elaborato dei progetti sorprendentemente diversi dal lavoro che stava svolgendo nello stesso periodo per la villa Ottolenghi. Tuttavia, i progetti che Carlo Scarpa ha elaborato, in tempi diversi, per un monumento in Piazza della Loggia a Brescia che commemora le vittime dell'attentato terroristico del 28 maggio 1974, sono in netto contrasto con l'opera realizzata a Verona, quasi come se ci fosse una certa esitazione dopo tanti eccessi di maniera. La stessa Pietas che informa i suoi disegni per Piazza Della Loggia si ritrova anche nella presenza dell'acqua che scorre nel Mausoleo di Brion, quasi a voler dare una manifestazione concreta di pietà a quest'opera d'arte del XX secolo. Carlo Scarpa ha messo insieme un insieme di strutture molto sofisticate, occupando lo spazio a forma di L del mausoleo che si estende su entrambi i lati dell'antico cimitero di San Vito d'Altivole. Una miriade di forme diverse e un numero altrettanto elevato di pezzi diversi, tutti separati eppure inestricabilmente legati a formare una catena che sembra non promettere continuità, da cui spuntano quelli la cui unica giustificazione per essere lì è il monito "si vis vitam, para mortem", [se vuoi vivere la vita preparati alla morte] come a raccontare una storia che suggerisce il cerchio del tempo, unendo la commemorazione dei morti alla celebrazione della vita. All'ingresso del Mausoleo Brion si trovano i "propilei" seguiti da un chiostro che termina con una piccola cappella, con un arcosolio che ospita i sarcofagi della famiglia; il padiglione principale, sostenuto da supporti in ghisa rotti, si erge su uno specchio d'acqua e occupa un'estremità dello spazio di sepoltura della famiglia. Il suono musicale delle passerelle unito alla luminosità di questi spazi armoniosamente amalgamati dimostra come, in linea con il suo forte senso della visione, Carlo Scarpa abbia saputo sfruttare al meglio tutte le sue numerose capacità per creare questo spazio davvero magnifico. Oltre al grande impegno nel campo dell'architettura, con i numerosi progetti che abbiamo già visto che costellano la sua carriera, Carlo Scarpa fece anche molte incursioni altrettanto importanti nel mondo delle arti applicate. Tra il 1926 e il 1931 lavorò per i vetrai di Murano Cappellin, portando poi con sé quanto appreso quando andò a lavorare per i vetrai Venini dal 1933 fino agli anni Cinquanta. La storia di come è arrivato a occuparsi di design di mobili è però diversa e ha avuto inizio con i mobili che ha progettato per sostituire quelli persi durante la ristrutturazione di Cà Foscari. La successiva produzione di mobili in serie iniziò in modo diverso, dato che molti pezzi erano originariamente progetti unici "su misura". La produzione industriale che utilizzava questi disegni come prototipi è nata grazie alla continuità offertagli da Dino Gavina che, oltre a questo, invitò Carlo Scarpa a diventare presidente della società Gavina SpA, poi diventata SIMON, società che Gavina fondò 8 anni dopo, in partnership con Maria Simoncini (il cui nome è alla base della scelta della ragione sociale). Carlo Scarpa e Gavina strinsero un forte legame nel 1968, quando iniziarono a mettere in produzione diversi suoi modelli per A. Simon, come il tavolo "Doge", che costituì anche la base per i tavoli "Sarpi" e "Florian". All'inizio degli anni Settanta, si susseguirono altre tavole come "Valmarana", "Quatour" e "Orseolo". Nel 1974, invece, aggiunsero alla collezione il divano e la poltrona "Cornaro" e l'anno successivo il letto "Toledo". Nel 1974-75 arrivarono la libreria "Rialto" e il tavolo "Delfi", frutto di un'insolita accoppiata tra Carlo Scarpa e Marcel Breuer, uno dei più grandi designer di mobili del XX secolo.
  • Creatore:
    Marcel Breuer (Designer),Studio Simon (Produttore),Carlo Scarpa (Designer)
  • Dimensioni:
    Altezza: 74 cm (29,14 in)Larghezza: 220 cm (86,62 in)Profondità: 89 cm (35,04 in)
  • Stile:
    Mid-Century moderno (Del periodo)
  • Materiali e tecniche:
  • Luogo di origine:
  • Periodo:
  • Data di produzione:
    1969
  • Condizioni:
    Lieve sbiadimento.
  • Località del venditore:
    Vicenza, IT
  • Numero di riferimento:
    1stDibs: LU8019232619732

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